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Teatro in carcere il racconto attraverso gli occhi di Antonia, operatrice sociale


Nel lungo percorso di ToiL una delle fasi più intense della rassegna è stata la formazione per operatori sociali, che sono poi entrati a pieno titolo nello staff di progetto.

Antonia, un’operatrice di una cooperativa sociale di Acerenza, ha preso parte alla nostra formazione e ci ha affiancato nelle attività legate alla progettazione e alla realizzazione della performance finale.

Nelle sue parole... il suo percorso.

John Steinbeck nel suo celeberrimo libro, “Furore”, scrive:

C’è una cosa che in prigione si impara, [...] pensare all’oggi, al domani, tutt’al più alla partita di calcio del sabato.

Lo percepisci subito nelle ore di lezione di teatro negli istituti penitenziari.

Dove il tempo si ferma ed un mondo in parallelo comincia, ognuno ha voglia di chiedere al meglio della sua faccia una polemica di dignità, come canta Faber “Nella mia ora di libertà “. Sono sempre lì, puntuali, ad aspettare quell’appuntamento quotidiano che li trascini fuori con l’immaginario.

L’esperienza unica di essere operatrice di un laboratorio teatrale in carcere ha, nella sua trama più implicita, il tentativo di portare un po’ di luce di umanità nel buio di quelle vite ferme.

La vita é un’occasione che non manca di presentarsi, cogliere le opportunità é da sempre stata una priorità per me. Il mio é un lungo viaggio nelle basse membra del tessuto sociale. La possibilità di formarmi e diventare parte integrante del sistema teatro in carcere é stato un tassello, forse l’unico ancora mancante, per poter dire con certezza che il tessuto sociale va risanato con la speranza. Trasmettere un messaggio positivo e lasciare il segno non é sempre semplice ma é il solo modo per far sì che la catarsi avvenga. Perché la reclusione dovrebbe essere questo, un tempo di recupero e di cambiamento del sé.

Il teatro é immaginazione, non solo tecnica, come insegna De Filippo, é vivere sul serio quello che nella vita, magari, si é recitato male.

L’arte teatrale é la prima forma di comunicazione delle emozioni, ecco spiegato perché nelle improvvisazioni tenute in laboratorio, si sperimentano situazioni e stati d’animo che potrebbero essere mai esperiti nella quotidianità, punto di partenza per una possibilità di comportamento nuovo. Vivere una nuova emozione comporta l’arricchimento del bagaglio esperenziale. Gli stimoli ricevuti in un laboratorio teatrale diventano parte integrante della vita delle persone.

É opportuno sottolineare che il teatro in carcere é un’esperienza che arricchisce sia l’operatore, soprattutto in termini di abbattimento del pregiudizio, che gli allievi del corso per le motivazioni descritte sopra.

Le emozioni che ho provato nel mentre del laboratorio sono state diverse, voglio citare un episodio emblematico che mi ha portato a riflettere tanto sul mondo al di là delle sbarre e quello dietro di queste. Premetto che nei nostri laboratori si lavora insieme, non sono previsti ruoli se non figurativi, quindi ogni cosa é condivisa, dalle tecniche di respirazione alla stesura del copione teatrale. Al termine di una lezione, una tra le prime, un detenuto ha chiesto se noi operatori ci sentiamo diversi da loro in quello specifico contesto. É stato impossibile rispondere a quella domanda, si é impreparati. Ti ritrovi a fare i conti con il tuo inevitabile e naturale pregiudizio e un paio di occhi che celano fragilità. É questo il grido d’aiuto evocante un disperato bisogno di normalità.

Ad oggi, per via del pericolo contagio del Covid-19 e per le restrizioni, giustamente, impostaci dal Governo, non abbiamo ancora avuto la possibilità di terminare il nostro percorso, ma alla chiusura dell’ultimo sipario della stagione potremmo ritrovarci qui, allo stesso posto, per potervi raccontare l’ultima scena di un copione unico e raro che mi ha sicuramente permesso di essere una persona migliore.

Antonia _ operatrice sociale di ToiL

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